I wanna be your ghost writer

Dal 1964 i Beatles furono molto impegnati ed è chiaro che la domanda spropositata di autografi da parte dei loro fan non poteva essere soddisfatta. Altrimenti i Beatles avrebbero sofferto di “autografite”, come il George Harrison animato dell’Episodio 10 della prima stagione dei Beatletoons, una serie a cartoni animati dedicata ai Beatles e alle loro canzoni trasmessa dal 25 settembre 1965 al 20 aprile 1969 sulla rete televisiva americana ABC.

Le segretarie dei vari fan club ricevevano infatti centinaia di richieste di autografi o lettere al giorno.
Era compito di alcune di loro soddisfare in parte questa richiesta. A volte gli autografi erano anche fatti da Mal, Neil o Derek Taylor. È cosa risaputa.
Nel libro “Los autógrafos de los Beatles”, di Juan Agüeras Allende (Editorial Milenio, 2001) c’è un intero capitolo dedicato alle “falsificazioni ufficiali”. Al suo interno si possono leggere degli aneddoti del tecnico Frank Roscoe, del fotografo Robert Freeman, di Derek Taylor e della segretaria del club di Liverpool Joan Gallagher in merito alle firme “false ufficiali” che venivano sistematicamente rilasciate a partire dagli Anni ‘60. 
Una cosa curiosa che si apprende dal testo è che ogni Beatle sapeva imitare alla perfezione la firma degli altri tre e all’occorrenza capitava che uno di loro firmasse per un altro
In proposito Richard Lester dichiarò di possedere una copia del libro di John Lennon firmata e autografata da John, ma la cui dedica diceva “Con i miei migliori auguri, George Harrison”. 
Che John scherzasse o fosse distratto, quella firma resta una perfetta imitazione della firma di Harrison. 
Dato curioso è che se alcuni autografi fasulli furono rilasciati per “lavoro”, altri vennero concessi per “generosità”: persino a Louise Harrison, la madre di George, capitò di fare un autografo al posto del figlio per non deludere una fan.

Esistono siti internet che parlano proprio di questo e che mostrano le differenze tra i falsi autografi dei road manager e delle segretarie.

Per quanto concerne il PID, almeno una perizia grafologica era già stata fatta. Viene ricordata Da Ken Mansfield, U.S. Manager della Apple Records a partire dal 1968. 
A pag. 116 del suo libro The White Book, Mansfield narra che lui possedeva varie lettere, documenti e articoli con impressa la firma di Paul McCartney, datati prima, durante e dopo i “rumors” sull’incidente mortale di Paul. 
Questi vennero inviati tramite posta aerea a un importante criminologo e perito grafologo di Chicago, il quale verificò che tutti gli scritti e le firme erano dello stesso uomo: Paul McCartney.

Le perizie calligrafiche del libro Il Codice McCartney sono state affidate a Elena Marchetti, perito grafologo.

Purtroppo quest'ultima non ha avuto accesso a scritti originali di Paul McCartney, ma secondo il libro da "numerose lettere, autografi e scritti vari attribuiti a Paul McCartney e pubblicati in vari libri - tra cui Anthology curato dagli stessi Beatles nel Duemila - e riviste, oltre a quelli reperibili su Internet", ha tratto la conclusione che, nell’ambito di una certa similarità tra le scritture, delle effettive diversità che potrebbero essere riconducibili sia a una naturale variabilità grafica tipica della gestualità di Paul McCartney, sia a fattori situazionali ed emotivi di stesura differenti, nonché riconducibili a due persone distinte, ci sono. Per esempio nello scrivere "to" nel 1961 traccia prima l’asta della "t", poi senza staccare la penna traccia l’ovale della "o" e infine va a sinistra per fare il taglio orizzontale della "t". Mentre dopo il 1966 traccia prima l’asta della "t", poi il taglio orizzontale della stessa lettera e poi senza staccare la penna disegna l’ovale della "o". 

Per chi si domanda su cosa abbia effettivamente lavorato, in rete è reperibile l'articolo/intervista a Elena Marchetti, apparsa sul quotidiano on-line TusciaWeb, datata Viterbo, 5 maggio 2010 e intitolata Elena Marchetti dal tribunale a Paul McCartney dove si legge che "(...) una firma datata 1984 e alcuni scritti. Uno antecedente il 1966 e uno successivo. È tutto ciò che la dottoressa Marchetti ha in mano".
E andando più avanti "Se gli scritti fossero stati originali, sarebbe stato un altro paio di maniche. Ma la firma è impressa su una polaroid, che" – come spiega la grafologa - "rende il tratto scivoloso e poco attendibile. Mentre gli appunti sono tutti fotocopiati. Il che, di certo, non semplifica il lavoro".

Che dire quindi?
Si potrebbe terminare con le parole della grafologa dicendo che "Allo stato attuale, non mi è possibile giungere a una conclusione. Per poterlo fare, dovrei avere più materiali a disposizione. Solo da una lunga serie di confronti tra i vari scritti si potrebbe capire se McCartney ha un sosia oppure no".
Soprattutto perché da come si è letto in precedenza, anche un timbro ufficiale o una pubblicazione su un libro come l’Antholgy non garantiscono che Paul abbia firmato di proprio pugno.