IT'S ALL TOO MUCH: le mie conclusioni
Negli anni ’60 un nuovo agente patogeno si è sviluppato, colpendo gli uomini e creando gravi patologie tra cui l’isteria collettiva. Questo virus ha inciso sia economicamente che socialmente e si è diffuso rapidamente per contagio da individuo a individuo, propagandosi per via aerea. Ormai la pandemia è arrivata al VI° stadio di diffusione e continua a trasmettersi di padre in figlio, di generazione in generazione. Il nome di questo virus è: "The Beatles"!
Infatti studi di mercato lo dimostrano: se pronunci la parola “Beatles” quasi tutti gli abitanti del pianeta sanno di che cosa stai parlando. Ed è normale dato che ogni minuto, in qualche parte del mondo, in chissà quale lingua, una stazione radio trasmette una loro canzone.
Di conseguenza se Paul McCartney viene utilizzato come strumento per avvicinare le persone a termini come “antropometria” o “biometria” l’argomento si fa delicato. Soprattutto perché da anni esiste un fenomeno sociale denominato “Effetto CSI”, che si traduce in "un sentimento di fiducia illimitato verso le capacità della scienza", che per gli amanti dell’omonimo seguitissimo telefilm americano dovrebbe essere capace di risolvere anche i casi più complicati a partire da una piccolissima, microscopica, goccia di sangue. Un fenomeno dilagato tanto da spingere anni fa gli americani a domandare, durante la selezione dei candidati a giurati di alcuni processi, se gli aspiranti membri della giuria guardassero in televisione programmi come "CSI".
Per chi non sapesse alcunché di questo fenomeno, in rete ci sono svariati articoli sull’argomento.
Da qualche anno non c’è telefilm di grande successo che non abbia per protagonista qualche personaggio altamente qualificato dal punto di vista scientifico. Dagli americani "CSI Las Vegas", "CSI New York", "CSI Miami", all’italiano "Ris" - delitti imperfetti. Tutte serie televisive in cui i reali protagonisti non sono i personaggi, ma le sofisticate apparecchiature utilizzate nel corso delle indagini. Tecnologie che a volte di fatto non esistono ma che producono aspettative. E poi ci sono il "Dr. House" o "Grey’s Anatomy" per gli amanti della medicina, "Bones" per l’antropologia, "Criminal Minds" per gli amanti dell’analisi comportamentale e altre ancora. Persino "NUMB3RS" per gli appassionati di matematica. Serie che a volte interpretano in modo troppo semplicistico la realtà ma a cui di fatto spetta il merito di far capire a tutti l’importanza della scienza. Uno strumento utilissimo perché i ragazzini che oggi amano guardare programmi come "CSI" forse domani aspireranno a diventare bravi consulenti medico-legali. Proprio come i protagonisti dei loro amati telefilm. E non è un’ipotesi priva di fondamento, dato che anni fa si è registrato un notevole incremento proprio nel settore medico-legale e si pensa che la “CSI mania” abbia influito.
Purtroppo, come si è visto anche nel caso della leggenda della morte di Paul McCartney, le conseguenze di questo tipo di comunicazione scientifica non sono solo positive: nel caso del PID molti "non esperti" del settore si sono ugualmente sentiti all’altezza di fare le proprie analisi biometriche su fotografie di McCartney e postarle in rete, arrivando persino ad analizzare alla “Lie to me” lo spezzone di un’ intervista al Beatle (vedi capitolo "With a little help fron science").
Il punto è che nonostante la realtà sia chiaramente diversa dalla finzione, la scienza, in Tv, tira e ha delle ricadute sulla società. Secondo un vecchio articolo reperibile on-line si stima che con un quotidiano si raggiunge potenzialmente un massimo di 10 mila persone, mentre Quark, il programma televisivo di Piero Angela, è giudicato un successo se va sopra i tre milioni di telespettatori in prima serata (sei milioni in casi particolari). Certo la stima è datata, ma rende comunque l’idea del quadro generale.
Forse pochi lo sanno ma in India e Sudafrica alcuni telefilm sono stati utilizzati per la prevenzione contro le malattie trasmissibili per via sessuale. In Messico è stata premiata una fiction che spingeva alla contraccezione e alla maternità e paternità consapevoli. In questo caso all’accuratezza delle informazioni veicolate dal telefilm veniva prestata estrema attenzione. E l’affidabilità dei contenuti generali trasmessi era garantita dalla cooperazione tra gli sceneggiatori e un apposito team di esperti del settore. Nonostante ci fossero libertà sceniche di copione.
Si può quindi affermare con sicurezza che è nato un nuovo genere di intrattenimento, “l’intrattenimento informativo”, riconosciuto come "un valido e capillare strumento sociale", in grado di toccare anche le fasce di popolazione spesso escluse da un'educazione scientifica. Ne è una testimonianza il progetto "EuroPAWS" (European Public Awareness of Science and Engineering), sostenuto dalla Commissione Europea, che dal 2001 finanzia ogni genere di fiction inerente a scienza e tecnologia, con lo scopo di dare vita a un’immagine positiva del settore e di favorire la diffusione della cultura scientifica nella popolazione.
Personalmente sono un’amante del genere “Scienza pop” (dove "pop" sta per "popolare"). "Consigli sessuali per animali in crisi. Guida alla biologia evoluzionistica della riproduzione" (Olivia Judson, Sironi, 2009) è uno dei miei libri preferiti. Mi sono divertita con La scienza di Harry Potter. Come funziona veramente la magia (Roger Highfield, Mondadori, 2005). Io stessa quando ho dovuto preparare una tesi di museologia scientifica ho scelto come argomento le "Mostre blockbuster" di tipo cinematografico nei musei della scienza.
Personalmente sono un’amante del genere “Scienza pop” (dove "pop" sta per "popolare"). "Consigli sessuali per animali in crisi. Guida alla biologia evoluzionistica della riproduzione" (Olivia Judson, Sironi, 2009) è uno dei miei libri preferiti. Mi sono divertita con La scienza di Harry Potter. Come funziona veramente la magia (Roger Highfield, Mondadori, 2005). Io stessa quando ho dovuto preparare una tesi di museologia scientifica ho scelto come argomento le "Mostre blockbuster" di tipo cinematografico nei musei della scienza.
Se si vuole che la scienza arrivi anche alla cassiera del supermercato o al commercialista, ai quali non è probabilmente mai interessata, bisogna fare così, non con libri che mai leggeranno.
Quindi, se si vuole avvicinare alla biometria la gente, perché non usare la leggenda della morte di Paul McCartney? L’idea è ottima. Va bene se Roberto Giacobbo scherza sulle perizie effettuate nel contesto del PID durante una burla radiofonica organizzata da Radio Capital in occasione del I° aprile 2012. Tuttavia se l’affidabilità dei contenuti generali trasmessi è garantita dalla cooperazione di un apposito team di esperti del settore allora non si tratta più di intrattenimento informativo e bisogna prestare estrema accuratezza alle informazioni veicolate.
Fonti non citate, foto errate, frasi ambigue rendono il lavoro poco scientifico. Altrimenti qual è la differenza tra "Il Codice McCartney" e "Il Codice Beatles" (Lugli Francesco e Gattuso Ferruccio, Cult Editore, 2011), romanzo di fantasia alla scoperta del PID?
Fonti non citate, foto errate, frasi ambigue rendono il lavoro poco scientifico. Altrimenti qual è la differenza tra "Il Codice McCartney" e "Il Codice Beatles" (Lugli Francesco e Gattuso Ferruccio, Cult Editore, 2011), romanzo di fantasia alla scoperta del PID?
Il lavoro di Fabio Andriola e Alessandra Gigante si è sviluppato sia sulla carta stampata che in televisione.
Per quanto riguarda il documentario andato parzialmente in onda su Voyager, è evidente che in Tv la scienza non può essere narrata come se si fosse in un’aula o su un giornale. Il medium trasforma il messaggio e la scienza deve così adeguarsi ai suoi modelli comunicativi televisivi: deve diventare rapida per non annoiare, sorprendere, intrattenere e possibilmente divertire. E deve semplificare il messaggio senza stravolgerlo. Un lavoro difficile ma possibile. Tuttavia far scorrere immagini come quelle sottostanti (foto prese da siti internet di confronti biometrici a mio avviso scarsamente scientifici), tra l’intervento di due periti esperti, noti a livello internazionale quali Gavazzeni e Carlesi, che presentano la biometria in modo serio, mentre una voce fuori campo elenca i punti più importanti presi in considerazione dai periti, mi sembra alquanto inappropriato.
La prima immagine che segue non mi sembra una rappresentazione di curva mandibolare biometrica in grado di trasmettere autorevolezza e serietà. Come pure la seconda del punto naso spinale o sottonasale. Anche perché nel frammento del filmato vengono mescolate immagini di misurazioni eseguite dai periti e nei siti internet (come si vede a circa 5 minuti e 50 secondi in questo filmato).
Per quanto riguarda il documentario andato parzialmente in onda su Voyager, è evidente che in Tv la scienza non può essere narrata come se si fosse in un’aula o su un giornale. Il medium trasforma il messaggio e la scienza deve così adeguarsi ai suoi modelli comunicativi televisivi: deve diventare rapida per non annoiare, sorprendere, intrattenere e possibilmente divertire. E deve semplificare il messaggio senza stravolgerlo. Un lavoro difficile ma possibile. Tuttavia far scorrere immagini come quelle sottostanti (foto prese da siti internet di confronti biometrici a mio avviso scarsamente scientifici), tra l’intervento di due periti esperti, noti a livello internazionale quali Gavazzeni e Carlesi, che presentano la biometria in modo serio, mentre una voce fuori campo elenca i punti più importanti presi in considerazione dai periti, mi sembra alquanto inappropriato.
La prima immagine che segue non mi sembra una rappresentazione di curva mandibolare biometrica in grado di trasmettere autorevolezza e serietà. Come pure la seconda del punto naso spinale o sottonasale. Anche perché nel frammento del filmato vengono mescolate immagini di misurazioni eseguite dai periti e nei siti internet (come si vede a circa 5 minuti e 50 secondi in questo filmato).
Mentre per quanto riguarda il libro "Il Codice McCartney" c’è da dire che gli autori fin dall’introduzione con la frase "Troppe cose non coincidono, molte più di quelle richieste da un qualunque tribunale per decretare senza ombra di dubbio sull’effettiva identità di un individuo" fanno capire che non partono da una posizione neutra o oggettiva, come oggettiva e neutra dovrebbe essere la scienza, ma avviano la loro indagine dal presupposto che un sosia ci sia. E affermano in copertina di avere “la verità” ma non arrivano a dichiarare con certezza che McCartney sia morto, oppure che abbia utilizzato uno o più sosia nel corso degli anni. La risposta del libro alle domande che si pone al suo interno (se ci fu davvero un incidente, ci sia stato un ferito o ci sia un sosia) è sempre la stessa: forse. Come è logico che sia, visto quanto è intricata la leggenda e dato che gli esperti non lavorano su un corpo e spesso nemmeno su documenti originali. Ma è comunque deludente da un libro che sostiene nel sottotitolo in copertina di avere la verità sul caso della presunta morte del Beatle.
L’ipotesi del volume, ovvero che ci siano uno o più sosia di McCartney, non è uno scenario impossibile. Anzi. Come si è visto i Beatles usavano altre persone per rilasciare interviste telefoniche, perché non usare controfigure per eventi minori? Negli Anni 60 l’isteria che provocavano sulle folle era tale che nessuno in determinate occasioni avrebbe notato, probabilmente, un sosia. Se una voce avesse detto "Ecco a voi Paul McCartney", chi si sarebbe soffermato su delle orecchie più sporgenti? Dichiararono di non voler più cantare in pubblico perché non riuscivano nemmeno a sentire le loro stesse voci, tali erano le grida dei fan. La gente sveniva al solo vederli da lontano (Un divertente film che tratta l’argomento beatlemania è "1964 Allarme a New York arrivano i Beatles!", di Robert Zemeckis , del 1978).
Nel capitolo del libro sui sosia nella storia, davvero interessante e ben scritto, si cita il celebre esempio in cui un sosia di Ringo Starr si è fatto ospitare per una settimana negli hotel più lussuosi di St. Augustine (Florida) fingendosi il Beatle, firmando autografi, accettando inviti negli show più prestigiosi e persino suonando "Let it be" accompagnato da alcuni musicisti locali.
Se all’oggi la gente viene ingannata, e viviamo il fenomeno Beatles in maniera diversa, non stupirebbe che in fase d’isteria fosse possibile confondere le folle.
In merito all’uso dei sosia più razionalmente direi che probabilmente c’erano delle controfigure che si presentavano ad alcuni incontri pubblici, più che cantare al posto di Paul. Probabilmente questo, unito a un mix di marketing e isteria, ha alimentato la leggenda fino a oggi. Con l’aiuto dello stesso Paul, come si può leggere a pag. 217 nel libro di Tony Barrow (press officer dei Beatles) "John, Paul, George, Ringo & Me. The Real Beatles Story" (Da Capo Press 2006). In questa pagina Barrow racconta che quando Peter Blake, designer della copertina dell’album Sgt. Pepper, un giorno si recò a casa di Paul, McCartney gli disse "Sai che non sono Paul McCartney. Mi hai incontrato quando lavoravamo su Sgt. Pepper e lui non aveva una cicatrice sulla sua bocca. Guarda, io ho una cicatrice".
Non esiste prova che possa convincere un sostenitore della leggenda del PID che Paul non è mai morto. Ma vorrei far riflettere sul fatto che si è ripetutamente scritto che Paul per un periodo non si fece vedere in pubblico. In quell’arco di tempo leggenda vuole che stessero addestrando il sosia che ancora oggi si esibisce sui palcoscenici e che lo stessero sottoponendo a operazioni chirurgiche per renderlo identico al “vero” McCartney. Esistono moltissimi libri sui Beatles. Sono chiaramente troppi per leggerli tutti. Tra questi esistono anche dei libri come "The Beatles a diary" (Omnibus Press, 1989), scritto dal giornalista Barry Miles, che racconta cosa facevano i Beatles giorno per giorno. Vediamo quindi cosa faceva Paul in quel lontano novembre 1969 secondo Barry Miles…
Narra la leggenda del PID che Paul morì il 9 novembre 1966. Il 9 novembre 1966 però, PID a parte, è una data storica per i beatlesiani. Infatti John Lennon quel giorno vide per la prima volta Yoko Ono alla Indica Gallery, di Mason’s Yard, a Londra. È curioso che si dati la morte di Paul proprio quel giorno, poiché in molti sostengono che Yoko sia stata la causa della fine dei Beatles.
Alcuni la colpevolizzano al punto che in rete girava la notizia che il regista Mark Waters fosse in trattative per dirigere una commedia sui Fab4 il cui tema sarebbe stato un viaggio nel tempo dal titolo "Get Back". Scritto da Chris McCoy, la storia del film sarebbe stata incentrata su due fan dei Beatles che intraprendono un viaggio indietro nel tempo per evitare che John Lennon e Yoko Ono si conoscano, impedendo così la separazione dei Beatles. Forse la notizia sulle trattative era vera, ma ad oggi dell’uscita del film non si sa ancora nulla.
Ma torniamo al 9 novembre 1966. Dov’era Paul quel giorno? Che faceva? Secondo il libro di Miles, il 6 novembre 1966 Paul imbarcò la sua Aston Martin sull’aereo trasportatore di Lydd (Kent) e volò in Francia, trascorrendo una settimana tra i castelli della Loira. Poi, sotto il grande orologio di Bordeaux si incontrò con Mal Evans e insieme, il 12 novembre andarono in Spagna, da dove poi si spostarono a Nairobi, in Kenia, passando per Roma. Tornarono a Londra con Jane Asher, fidanzata di Paul all’epoca, il 19 dello stesso mese.
Se tra il 6 e il 18 novembre era fuori dall’Inghilterra, come poteva il 9 dello stesso mese uscire dagli studi di Abbey Road e schiantarsi con un’auto?
Come dice il testo “Paul e Mal Evans, tornano da una vacanza in Francia”.
Dato che tornarono il 19, si può avere un sosia in 10 giorni?
O ancora meno, dato il video girato da McCartney e Mal e pubblicato in rete nel 2008. Di cui si parla parla su El dia de Cordoba.
Si tratta del frammento di un girato di 110 minuti, appartenente a del materiale filmato da Paul e Mal Evans, un video che raccoglie immagini dei loro viaggi. E’ stato messo in rete dalla Casa di produzione di Cordoba "12 frames" nell’ambito di un progetto intitolato “Ciudad Taller”, un programma volto a promuovere l’immagine della città.
O ancora meno, dato il video girato da McCartney e Mal e pubblicato in rete nel 2008. Di cui si parla parla su El dia de Cordoba.
Si tratta del frammento di un girato di 110 minuti, appartenente a del materiale filmato da Paul e Mal Evans, un video che raccoglie immagini dei loro viaggi. E’ stato messo in rete dalla Casa di produzione di Cordoba "12 frames" nell’ambito di un progetto intitolato “Ciudad Taller”, un programma volto a promuovere l’immagine della città.
Per quanto non dicano come abbiano ottenuto il materiale non sembra essere un fake. Infatti dell’esistenza di queste riprese si parlava già nel libro di Miles. Anche se la datazione dell’articolo spagnolo è sbagliata: loro lo collocano tra giovedì 10 e venerdì 11 novembre del 1966, ma dev’essere almeno del 12 novembre perché il 12 sono arrivati in Spagna.
Se ancora non bastasse, la foto qui a sinistra è stata scattata al Warner Theater di Londra il 18 dicembre 1966, in occasione della première del film "The Family Way": presenti in sala Paul McCartney (autore della colonna sonora con George Martin), e Jane Asher. Nell'immagine Paul è ritratto assieme a due ammiratrici.
Si potrebbero probabilmente smontare quasi tutti gli indizi del PID.
Ci sono molte fotografie dove McCartney è scalzo. Anche pre-PID. O foto precedenti alla sua ipotetica dipartita in cui regge la sigaretta con la mano “sbagliata”.
Ma non servirebbe a nulla: chi vuole credere al PID ci crederà sempre e comunque, tanto come a quelli che non vogliono credere al PID non basterebbero le perizie su un cadavere.
E probabilmente è bello che questa affascinante leggenda prosegua.
Fa parte dell’alone di magia che circonda i Beatles.
E che lo si voglia o meno probabilmente questa storia non avrà mai una vera fine, perché quando (si spera il più tardi possibile) McCartney morirà, qualcuno sicuramente scriverà che gioca a carte con Elvis e ride di noi.
Ci sono molte fotografie dove McCartney è scalzo. Anche pre-PID. O foto precedenti alla sua ipotetica dipartita in cui regge la sigaretta con la mano “sbagliata”.
Ma non servirebbe a nulla: chi vuole credere al PID ci crederà sempre e comunque, tanto come a quelli che non vogliono credere al PID non basterebbero le perizie su un cadavere.
E probabilmente è bello che questa affascinante leggenda prosegua.
Fa parte dell’alone di magia che circonda i Beatles.
E che lo si voglia o meno probabilmente questa storia non avrà mai una vera fine, perché quando (si spera il più tardi possibile) McCartney morirà, qualcuno sicuramente scriverà che gioca a carte con Elvis e ride di noi.