Ma fu veramente quella la fine dei Beatles?
Esiste un’altra storia, molto più macabra, nota con un acronimo: PID, ovvero PAUL IS DEAD.
È una delle leggende metropolitane più longeve e famose, che da oltre quarant’anni letteralmente ossessiona migliaia di persone in tutto il mondo, sulla quale sono stati versati fiumi di inchiostro: Paul McCartney sarebbe deceduto in un incidente stradale nel 1966 e da allora sarebbe stato sostituito da un sosia.
Più precisamente narra la leggenda che il 9 novembre 1966 Paul, dopo una lite furibonda con gli altri membri del gruppo, salì in macchina e si schiantò contro un albero con la sua Aston Martin. E morì. Decapitato. Dicono. La medesima sorte toccò a una certa Rita, un'autostoppista a cui Paul stava dando un passaggio. Come ogni leggenda metropolitana che si rispetti esistono varie versioni della storia: in una Paul non ha litigato col gruppo ma si è messo al volante ubriaco dopo una festa, in un’altra è Rita che, accortasi di avere a fianco a lei il grande Paul McCartney, comincia a gridare in preda all’isteria e fa perdere a Paul il controllo della vettura. E molte altre ancora. Non si è nemmeno concordi sulla data dell’incidente, infatti c’è chi sostiene addirittura che non avvenne nel 1966 ma nel 1965. Anche sul seguito della leggenda ci sono delle variazioni, ma tutte sono concordi nel finale: i Beatles erano un affare troppo grosso perché la morte di un componente rovinasse tutto. Quindi la decisione fu unanime: seppellirono in gran segreto il corpo di Paul, trovarono un sosia, presero alcuni mesi di pausa in modo da avere il tempo di sottoporlo a qualche “piccolo” intervento di chirurgia estetica e renderlo identico a Macca, e poi ripresero la loro carriera come se nulla fosse mai accaduto (grassetto). Fecero finta di niente, ma il loro senso di colpa fu tale da non poter fare a meno di disseminare la loro produzione musicale di indizi più o meno celati ai fan.
I WANT TO TELL YOU!
Si potrebbe fissare l’origine del PID al 12 ottobre del 1969 quando, durante una trasmissione radiofonica della stazione WKNR di Detroit, USA, il disc-jockey Russ Gibb ricevette la telefonata di un misterioso ascoltatore, che si presentò come Tom (o Alfred secondo alcune fonti), uno studente della Eastern Michigan University, che sosteneva di avere un agghiacciante segreto da rivelare al mondo: Paul McCartney, co-fondatore dei Beatles, era morto la notte del 9 novembre 1966 ed era stato sostituito in gran segreto da un sosia.
A mettere lo scaltro Tom sulle tracce del complotto era stata l’uscita due settimane prima del nuovo album dei Beatles Abbey Road. Infatti, a sostegno delle sue affermazioni, Tom citava degli indizi nascosti nella copertina: secondo lui gli altri Beatles, affranti dalla morte di Paul, lanciavano dei messaggi “in codice” ai fan. Così la celebre immagine dei quattro che attraversano le strisce pedonali simboleggiava in realtà un funerale: Lennon vestito di bianco a rappresentare l’officiante, Ringo in nero nel ruolo di portatore di feretro, Harrison in jeans nella parte dello scavatore di fosse. Paul invece era scalzo e in alcune culture i morti si seppelliscono senza le scarpe. Sullo sfondo poi si vedeva un maggiolino con la targa "LMW281F". Le ultime cifre, "281F", avrebbero indicato che Paul avrebbe avuto 28 anni "se" ("if" in inglese) fosse stato vivo. E poi Paul reggeva una sigaretta con la mano destra, mentre il vero Paul era mancino!
Ad essere precisi però le dicerie sulla morte di McCartney circolavano già da tempo nei campus universitari. Il 17 settembre 1969 Tim Harper, studente della Drake University di Des Moines, IA, scrisse un articolo per il Drake Times-Delphic (il giornale della sua università) dal titolo Is Beatle Paul McCartney Dead?.
Sei giorni dopo Barb Ulvilden seguì il suo esempio sul Northern Illinois University’s Northern Star.
Sei giorni dopo Barb Ulvilden seguì il suo esempio sul Northern Illinois University’s Northern Star.
E due giorni dopo la trasmissione radiofonica di Gibb, il 14 ottobre 1969, il Michigan Daily, giornale della University of Michigan, pubblicò un articolo intitolato "McCartney Dead: New Evidence Brought to Light", firmato da Fred Labour. Nel pezzo, per la prima volta, s’insinuava che il nome del fantomatico sosia di Paul fosse un certo William Campbell.
Dopo Russ Gibb un altro disc jockey, Roby Yonge, della stazione radio WABC di New York, discusse e commentò in diretta le voci sulla presunta morte di McCartney.
In quei giorni fece la sua apparizione nelle edicole una rivista dal titolo Paul McCartney Dead: The Great Hoax, che apparentemente pareva rinforzare e dare credito ai molti strani elementi che circondavano la faccenda.
Il 21 ottobre 1969 il London Times scrisse un articolo sul caso. Lo seguirono il New York Times e il Los Angeles Times.
Ci volle poco perché la notizia facesse il giro del mondo e i fan iniziassero a fare a gara fra di loro per scovare i messaggi nascosti.
Nel giro di pochi giorni Paul McCartney si ritrovò assediato, nella sua tenuta scozzese, da fotografi e giornalisti. Dopo aver rovesciato un secchio d’acqua gelida in testa a uno di loro, Paul concesse un’intervista e delle foto a Life Magazine (che uscirono nell’edizione del 7 novembre 1969), dichiarando che le voci sulla sua morte erano grandemente esagerate, ma ammettendo con ironia che, se fosse realmente morto, lui sarebbe probabilmente stato l’ultimo a saperlo.