Nel 2009 la rivista Wired dedica la copertina all’ipotetica morte di Paul.
Nel numero vengono ricostruite le indagini svolte da 2 investigatori d’eccezione:
l’informatico Francesco Gavazzeni e il medico legale Gabriella Carlesi, che applicano le tecniche medico-forensi di comparazione biometrica a gruppi di fotografie che ritraggono McCartney dalla prima metà degli anni '60 ai giorni nostri.
Ma con loro grande sorpresa i confronti sul cranio, sulla mandibola, sui padiglioni auricolari, sui denti e sul palato evidenziano delle differenze notevoli tra le immagini scattate prima di quel fatidico 1966 e quelle posteriori allo stesso anno.
Risultato: il "Macca" delle foto precedenti al 1966 e di quelle posteriori sembrerebbero non essere la stessa persona. Due diversi individui che innegabilmente si somigliano in modo impressionante, ma non lo stesso individuo.
Titola la copertina del mensile che secondo i risultati ottenuti dall’equipe, la stessa che ha collaborato a indagini importanti come quelle sul "Mostro di Firenze" e l’attentato a Giovanni Paolo II, "La scienza conferma la leggenda. 5 prove, c’è un sosia".
La notizia, ovviamente, fa scalpore e nel 2010 la trasmissione televisiva Voyager dedica un servizio di circa 50 minuti alla vicenda del PID e ai nuovi aggiornamenti.
Nel 2011 la Casa Editrice Rizzoli pubblica un libro sul caso, intitolato "Il Codice McCartney".
La trasmissione Mistero segue l’esempio di Voyager e manda in onda un servizio sulla morte del Beatle affidando nuove perizie biometriche al loro esperto Daniele Gullà.
All’oggi, facendo una ricerca in Internet non solo in italiano ma anche in inglese, tedesco, spagnolo e francese (e presumibilmente anche in altre lingue) si può leggere che degli scienziati italiani hanno scientificamente confermato che il Paul McCartney che oggi andiamo ad applaudire ai concerti non è lo stesso Paul McCartney che ha inciso Love Me Do.
Ci sarebbe da chiedersi: e se invece Paul è vivo, allora è giusto dire che la biometria è morta?
In realtà non è così.
Innanzitutto è bene sottolineare che l’articolo di "Wired" è firmato da Fabio Andriola e Alessia Gigante, che sono gli stessi autori del cortometraggio (prodotto per Storia in rete e che non a caso si chiama proprio Il Codice McCartney) andato parzialmente in onda per "Voyager", programma per cui lavorano (o lavoravano) lei come regista, lui come autore dei testi.
Nonché autori del libro che è al tempo stesso un ampliamento dell’articolo di Wired e una sorta di trascrizione su carta del documentario.
È bene dirlo perché uno spettatore (o un lettore) disattento potrebbe pensare “Beh, l’ho letto su Wired, l’ho visto a Voyager e so che ne hanno persino fatto un libro, lo confermano in tanti, allora un sosia c’è davvero!”
Bisogna sottolineare, però, che gli esperti assoldati sono veramente di tutto rispetto.
Gabriella Carlesi e Francesco Gavazzeni sono persone serie ed autorevoli. E lo stesso vale per la dottoressa Elena Marchetti e il dottor Marco Zonaro, che hanno svolto rispettivamente le perizie calligrafiche e vocali che compaiono nel libro e nel documentario.
Ma ci sono delle cose da prendere in considerazione.
Partiamo dalla copertina di Wired:
Il titolo "La scienza conferma la leggenda. 5 prove: c’è un sosia" è solo un titolo sensazionalistico, le analisi biometriche si esprimono solo in termini di compatibilità e non di certezza.
Concetto che verrà sottolineato all’interno dell’articolo (e all’interno del libro Il codice McCartney), ma che a un lettore distratto può passare inosservato o comunque in secondo piano rispetto al resto del testo.
In fondo, se il Corriere della Sera del 22 luglio 2009 scrive che "Stavolta la scienza non offre risposte, anzi rilancia clamorosamente i dubbi", i complottisti non possono che approfittarne.
Un colorito esempio: per casualità lo stesso giorno in cui l’articolo di Wired è apparso in Italia, Macca è stato all’Ed Sullivan con David Letterman e in occasione ha deriso la leggenda del PID.
Questo è stato subito segnalato come un voluto incoraggiamento a deridere la "verità" sulla morte del sosia. E questo ha persino portato qualche sedicente internauta ad analizzare il video dello show alla stregua del telefilm Lie to me, asserendo che quando Letterman chiede a Paul delucidazioni su come nacquero le voci in merito alla sua morte il Beatle, appena comincia a spiegare quello che successe si tocca il naso (vedi prima foto), gesto che in base alla comunicazione non verbale indica una bugia. Mentre in un passaggio dell’intervista in cui McCartney racconta che la gente in passato lo fissava chiedendosi "E' lui o un sosia molto buono?", al pronunciare le parole "Sosia molto buono" abbassa automaticamente lo sguardo, segnale comunicativo che indica vergogna o colpa (vedi seconda foto).
In fondo, se il Corriere della Sera del 22 luglio 2009 scrive che "Stavolta la scienza non offre risposte, anzi rilancia clamorosamente i dubbi", i complottisti non possono che approfittarne.
Un colorito esempio: per casualità lo stesso giorno in cui l’articolo di Wired è apparso in Italia, Macca è stato all’Ed Sullivan con David Letterman e in occasione ha deriso la leggenda del PID.
Questo è stato subito segnalato come un voluto incoraggiamento a deridere la "verità" sulla morte del sosia. E questo ha persino portato qualche sedicente internauta ad analizzare il video dello show alla stregua del telefilm Lie to me, asserendo che quando Letterman chiede a Paul delucidazioni su come nacquero le voci in merito alla sua morte il Beatle, appena comincia a spiegare quello che successe si tocca il naso (vedi prima foto), gesto che in base alla comunicazione non verbale indica una bugia. Mentre in un passaggio dell’intervista in cui McCartney racconta che la gente in passato lo fissava chiedendosi "E' lui o un sosia molto buono?", al pronunciare le parole "Sosia molto buono" abbassa automaticamente lo sguardo, segnale comunicativo che indica vergogna o colpa (vedi seconda foto).
Guardiamo ora la copertina del libro che è stato pubblicato successivamente a Wired:
Ma non c’è nessuna verità in questo libro, per quanto sia un libro che vale veramente la pena leggere. Fra i tanti libri scritti sul PID, che per alcuni versi possono sembrare tutti uguali, questo si distingue sicuramente per originalità.
E inoltre è scritto in modo decisamente accattivante. È un libro che ogni beatlesiano che si rispetti dovrebbe avere nella propria libreria.
Ma purtroppo la verità sul PID non la troverete in queste pagine.
Probabilmente la verità su questa storia non la sapremo mai.
Forse - come giustamente recita l’introduzione del libro scritto da Andriola e Gigante - "Esistono tre tipi di rompicapo. Quelli che non hanno soluzione, quelli che ne hanno una sola e quelli che ne hanno più d’una. Il mistero della “morte di Paul McCartney” rientra a pieno titolo nella terza specie.".
E inoltre è scritto in modo decisamente accattivante. È un libro che ogni beatlesiano che si rispetti dovrebbe avere nella propria libreria.
Ma purtroppo la verità sul PID non la troverete in queste pagine.
Probabilmente la verità su questa storia non la sapremo mai.
Forse - come giustamente recita l’introduzione del libro scritto da Andriola e Gigante - "Esistono tre tipi di rompicapo. Quelli che non hanno soluzione, quelli che ne hanno una sola e quelli che ne hanno più d’una. Il mistero della “morte di Paul McCartney” rientra a pieno titolo nella terza specie.".
L’interno della copertina asserisce poi che "per la prima volta l’ipotesi di un secondo Paul è stata messa a confronto con la scienza". Non è vero nemmeno questo.
Indagini di questo tipo erano già state effettuate a partire dal 1969 (come leggerete in seguito).
Indagini di questo tipo erano già state effettuate a partire dal 1969 (come leggerete in seguito).
Riguardo alle misurazioni eseguite dagli esperti, per quanto non si voglia qui contestare il loro lavoro per buona fede e scientificità dei metodi applicati, ci sono degli aspetti da considerare.
Il primo è che il campione di analisi non è del tutto inappuntabile.
Il secondo è che gli esami biometrici, come gli stessi esperti Carlesi e Gavazzeni ricordano (ma i sostenitori del PID tendono a dimenticare), è che questo tipo di misurazioni andrebbero effettuate su dei corpi e non su materiale fotografico.
Il primo è che il campione di analisi non è del tutto inappuntabile.
Il secondo è che gli esami biometrici, come gli stessi esperti Carlesi e Gavazzeni ricordano (ma i sostenitori del PID tendono a dimenticare), è che questo tipo di misurazioni andrebbero effettuate su dei corpi e non su materiale fotografico.
Ma andiamo con ordine e cominciamo a vedere le 5 “prove” a sostegno della tesi di un sosia nel capitolo seguente.